Il 16 aprile 1995 moriva in Pakistan Iqbal Masih a soli 12 anni

Il 16 aprile 1995 moriva in Pakistan Iqbal Masih a soli 12 anni

Il 16 aprile 1995 moriva in Pakistan Iqbal Masih a soli 12 anni. Ucciso per il suo impegno contro la schiavitù minorile.
Cosa è cambiato da allora?
A vedere la condizioni di milioni di bambini nel mondo, non si può restare ottimisti.
C’è ancora una lunga strada da fare.
Anche qui nella nostra Italia.
Infatti nel nostro paese un bambino ha il diritto di esprimere la propria opinione solo dopo i 12 anni.
Un ragazzino può esprimere il suo parere ed i suoi desideri, in scelte che possono stravolgere la sua vita e spezzare le sue relazioni più significative, solo dopo i dodici anni.
E non ci si ferma qui.
A un ragazzino di 12 anni può essere negato il diritto di essere ascoltato se questo confligge con “il suo superiore interesse”.
Interessante.
Vediamone le ragioni. In Italia, in contesti giuridici amministrativi e giudiziari non si parla di bambini ma di “minori”; non persone di età minore ma minori. E’ la nostra legge.
E laddove c’è un minore per gioco forza c’è un maggiore.
Un maggiore che sceglie per chi è considerato minore, anche quando l’interesse del più piccolo confligge con i “suoi” personali interessi.
E se questa non è una forma manifesta di schiavitù è certamente una condizione avvilente di soggezione che colpisce migliaia di ragazzini, una condizione da superare con urgenza.
Come?
Modificando il lessico, intanto.
Perché le parole sono pietre che se “scagliate”, soprattutto in ambito legale, possono uccidere.
Proviamo allora ad usare le pietre per costruire.
Non parliamo più di minori ma di “persone” di età minore.
La persona si definisce principalmente in base alle sue relazioni, le relazioni significative.
E non solo in termini biologici o come astrattismi giuridici.
Il bambino come persona si riconosce nelle sue relazioni significative. E i bambini le sanno descrivere benissimo e con grande chiarezza.
Dobbiamo ripartire da qui. Dalla vita. Perché l’ascolto negato oggi non si trasformi in un dolore muto che devia il cuore spingendolo verso derive oscure.
Un bambino è una persona e va ascoltato non quando ci conviene.
Un bambino va ascoltato sempre, anche quando contraddice le nostre aspettative, il nostro giudizio, il nostro volere.
Negare l’ascolto è la più subdola forma di schiavitù che possa esistere e noi dobbiamo proseguire la battaglia di Iqbal. Glielo dobbiamo per non vanificare il suo sacrifico.
Tutti i bambini sono persone e hanno tutti una voce e un pensiero da esprimere.
A volte sconcertante ma fresco……
come la sorgente che sgorga tra le rocce e scava goccia a goccia percorsi nuovi irrigando le zolle inaridite di una società grassa, stanca e incapace di novità.